Quando una coppia di coniugi o conviventi more uxorio si separa e cessa di convivere, si pone il problema dell’affidamento dei figli minori, della loro tutela e del perseguimento del loro miglior interesse (“BEST INTEREST OF THE CHILD” art. 3 convenzione Onu 1989).
Con la L.n.54/2006, come noto, è stato introdotto nel nostro ordinamento, l’importante principio della bigenitorialità che significa il diritto naturale del figlio ad avere rapporti continuativi con entrambi i genitori.
Dunque la prima scelta di un giudice, chiamato a decidere dell’affidamento di un minore, è sicuramente l’affidamento condiviso.
In virtù del quale, la responsabilità genitoriale continua ad essere esercitata di comune accordo da entrambi i genitori.
Cosicchè il figlio, pur vivendo prevalentemente con uno dei due genitori (detto genitore collocatario), viene garantito nel suo diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo anche con il genitore non convivente.
L’affidamento esclusivo rimane dunque, è ormai risaputo, un’eccezione rispetto alla regola dell’affidamento condiviso.
Tuttavia, in situazioni particolari, come quelle di grande conflittualità tra i genitori, l’interesse da privilegiare è sicuramente il diritto del figlio ad una crescita sana ed equilibrata.
Dunque se questa rischia di essere compromessa, può essere chiesto l’affidamento ad un solo genitore cioè a colui che garantisce meglio la relazione con l’altro genitore.
Tra i requisiti di idoneità genitoriale infatti, rileva la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali del figlio con l’altro genitore, al di là di egoistiche considerazioni di rivalsa su quest’ultimo (cfr. Cass. 6919/16).
L’art. 155 bis codice civile infatti recita “il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore”.
Una di queste ipotesi si può verificare in caso di Alienazione genitoriale, ben più nota con il nome di PAS , Paternal Alienation Syndrome.
Cioè in tutti quei casi in cui venga riconosciuto che il comportamento di uno dei due genitori, detto “alienante”, sia volto ad allontanare progressivamente il figlio dall’altro genitore detto: “alienato”.
La Cassazione ha definito la PAS “LA DISTRUZIONE DELLA FIGURA DI UNO DEI DUE GENITORI AD OPERA DI QUELLO PRESSO IL QUALE I FIGLI ERANO STATI COLLOCATI” (cfr. Sent. Cass. N.7041/2013).
Secondo una recente pronuncia del TRIBUNALE DI MILANO (decreto del 9-11-marzo 2017), la PAS non definisce una patologia clinicamente accertabile, dunque non ha un riscontro scientifico preciso.
La PAS rappresenta un insieme di comportamenti illeciti posti in essere dal genitore collocatario per emarginare e neutralizzare l’altra figura genitoriale.
Dunque ogni volta che un genitore denunci nelle sedi competenti, i comportamenti dell’altro genitore come volti ad allontanare da se il bambino e indicati come significativi di una sindrome di alienazione parentale (PAS), ai fini della modifica delle condizioni di affidamento del minore, il giudice sarà tenuto ad accertare l’effettiva sussistenza di tali comportamenti e a valutarne la rilevanza per l’equilibrio psichico del minore, al fine di esprimere un corretto e informato giudizio in materia di adeguatezza genitoriale, indipendentemente dalla qualifica che si intenda attribuire ai comportamenti alienanti. (Cassazione civile sez. I, n.21215/2017).
Secondo una pronuncia del Tribunale di Brescia la tutela della bigenitorialità deve essere considerata come il best interest del minore anche in casi in cui il bambino vi si oppone (sent. Sez. III, 19/11/2018).
Sempre il Tribunale di Brescia, in una recentissima sentenza N. 815/2019, ha elencato in 8 punti, i sintomi che contraddistinguono la sindrome da alienazione parentale dei figli di genitori separati.
Ecco dunque gli 8 elementi che, se compresenti, integrano per il Tribunale di Brescia, l’Alienazione Parentale:
- campagna di denigrazione: nella quale il bambino mima e scimmiotta i messaggi di disprezzo del genitore alienante;
- razionalizzazione debole dell’astio: Il bambino non sa ben spiegare le ragioni del suo astio nel confronti dell’altro genitore;
- mancanza di ambivalenza: il genitore alienato è descritto come tutto negativo mentre l’altro tutto positivo;
- fenomeno del pensatore indipendente: Il bambino afferma di aver elaborato da solo la campagna di denigrazione del genitore;
- appoggio automatico al genitore alienante: presa di posizione del bambino a favore del genitore alienante;
- Assenza di senso di colpa nel figlio;
- Scenari presi a prestito: affermazioni prese a prestito che non possono venire da lui;
- Estensione dell’ostilità anche alla famiglia allargata del genitore rifiutato.
Il caso riguardava una bambina di 10 anni che si rifiutava ostinatamente di vedere il padre, nonostante l’intervento dei servizi sociali e il fatto che il padre si fosse dimostrato partecipe e attento alle richieste della figlia. L’irragionevole volontà della bambina di non voler vedere il padre.
E’ stata ricondotta, dalla CTU (consulenza tecnica d’Ufficio) alla PAS e a una serie di comportamenti attuati dalla madre gravemente lesivi del diritto alla bigenitorialità della bambina.
Alla luce di tali comportamenti, il Tribunale ha disposto la residenza abituale della minore presso il padre, che a differenza della madre, si era rivelato un genitore più adeguato e sinceramente interessato a recuperare una relazione con la figlia (consentendo gli incontri con la madre, tre volte a settimana) in presenza di un educatore.
Dunque il padre è stato riconosciuto l’unico affidatario della figlia.
Pertanto, ogni volta in cui venga riconosciuta giudizialmente, tramite una consulenza psicologica, la sussistenza di una PAS, il Giudice potrà in primis modificare le modalità di affidamento del minore.
Potrà poi, in alcuni casi -in caso di gravi inadempienze e di violazione dei provvedimenti sull’affidamento dei figli minori da parte dell’altro genitore, ovvero di condotte pregiudizievoli per i minori stessi -riconoscere un vero e proprio risarcimento danni al minore o al genitore alienato.
Questa forma di risarcimento ha una doppia natura: sanzionatoria e coercitiva in quanto volta a indurre il responsabile alla cessazione di tali comportamenti.
Ne è l’esempio una recente pronuncia del 7 novembre 2019, n. 549, il Tribunale di Cosenza, che, avendo accertato, una serie di condotte illecite poste in atto dalla madre che aveva “gravemente pregiudicato la relazione affettiva padre-figlio, in tal modo ledendo, tanto il diritto del minore alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata serena, quanto il diritto del padre di svolgere il proprio ruolo genitoriale. Tenuto conto della durata della emarginazione della figura paterna, che si protrae da tre anni, dei presumibili disagi e sofferenze patiti dal padre per il distacco fisico ed emotivo dal figlio, che dal figlio, privato dell’apporto del padre rispetto alla sua crescita, educazione e formazione”, ha ritenuto di liquidare sia al figlio che al genitore “alienato”, un risarcimento di € 5.000,00 ciascuno.
Serena Degli Albizi
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