La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza sotto riportata, ha chiarito che l’esclusione del diritto del padre di tenere con sé il figlio anche di notte, non può dipendere unicamente dalla tenera età del bambino.
Occorre sempre provare l’esistenza di uno specifico pregiudizio potenzialmente correlabile all’eventualità dei pernottamenti.
Il caso
Il Tribunale di Sassari, pronunciandosi su un ricorso per l’affidamento di un bambino (ex art. 337-bis c.c.) aveva escluso ogni possibilità di pernottamento del figlio presso il padre, a causa della tenera età del bambino, all’epoca di soli 2 anni.
La Corte d’appello, accogliendo il reclamo proposto dal padre, decideva invece che il padre potesse tenere con sé il figlio, almeno una notte alla settimana, non ravvisando alcun pregiudizio per il bambino derivante, tout court, dalla tenera età.
Il ricorso per cassazione
Contro il provvedimento, ricorreva per cassazione la madre.
La Suprema Corte, tuttavia, dichiarava inammissibile il reclamo, alla luce del seguente ragionamento: “i provvedimenti dell’autorità giudiziaria in materia di affidamento dei figli di età minore, consentono restrizioni al diritto di visita dei genitori solo nell’interesse superiore giustappunto del minore”;
nel perseguimento di tale interesse … deve essere sempre assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità, inteso quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi i genitori, nel dovere dei primi di cooperare nell’assistenza, educazione e istruzione della prole (di recente Cass. n. 9764-19)”; non è possibile escludere radicalmente la possibilità del padre di tenere con sé il figlio anche di notte “esclusivamente in considerazione della tenera età” del figlio senza allegare “…uno specifico pregiudizio potenzialmente correlabile all’eventualità dei pernottamenti”.
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